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Le sognanti indifferenze dell’area radiologica.

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In tempi di crollo della sanità pubblica e di forte incertezza sul futuro imperversano favoleggianti narrazioni da parte di rappresentanti istituzionali di un mondo di fatto inesistente, che non ha mai tenuto conto delle varie criticità di fondo della sanità Italiana, sia che si parli di servizi che di relazioni interprofessionali, ove in entrambe a farla da padrone restano sempre e solo i medici. 

Poi con l’avvento dell’AI … le cose … miglioreranno?

Restiamo sempre molto attenti – parlo di uno sparuto gruppetto – alle eterogenee affermazioni su vari temi di attuale interesse circa le professioni sanitarie ed in particolare sui professionisti dell’area radiologica.

Purtroppo il più delle volte non soltanto non si può che essere in disaccordo con le asserzioni in evidenza, ma non si riesce a non porre opportune, legittime e giuste riflessioni.

Non si riesce a capire bene se soggetti pervenuti da forse troppo tempo negli ambiti politico-istituzionali della sanità – complice il famoso ed ovunque imperante “metodo staffetta” – davvero pensino che raccontare storie che erano e restano inverosimili, perché mai trasferite dal loro mondo delle idee a quello reale, serva a qualcosa, considerando che annose questioni fondamentali in via di ulteriore peggioramento e profonda involuzione, restano sotto gli occhi di tutti ed i loro effetti, compresa la attuale crisi del SSN, tutt’altro che mistificati o celati, come forse è stato in passato.

Non è quindi certamente per una mera questione di gusto “musicale” che quello che per il dott. Proia [1] suoni come musica ad altri faccia lo stesso effetto dello stridere di un gessetto sulla lavagna.

Proia non può non sapere perfettamente che i fallimenti dei progetti “area radiologica” di 12 anni fa e “comma 566” di 9 anni fa, così come collegati dall’autore, sono stati due insuccessi forse politicamente preordinati, determinati ab origine dalla assenza di disponibilità politico-sociale a rivedere una norma di legge di altri 12 anni prima: il d. lgs. 187/00, che senza ombra di dubbio sarebbe stato il prerequisito necessario al varo delle «competenze avanzate e specialistiche degli stessi TSRM»; le conseguenze di quel dispositivo sono ancora vigenti sotto una perdurante sognante indifferenza collettiva, visto che contro quel decreto nulla si è fatto … e nulla si fa.

Sognante indifferenza cui si coniugano diversi altri argomenti: 

Anzitutto l’insistenza nell’osannare pretese «soluzioni contrattuali» cui di fatto nulla di positivo concreto è conseguito per coloro che hanno a che fare quotidianamente con gli utenti e pazienti – con anzi, più elementi negativi via via introdotti; soluzioni contrattuali comunque di fatto sempre impotenti contro norme di legge scritte straordinariamente male.

Non va trascurato l’altro sogno ad occhi aperti riguardante i TSRM, che «oltre che laureati sono ormai in presenza di una loro evoluzione formativa ed ordinamentale» [2]: insistita chimera che non supererà mai i limiti imposti dalla norma sopra richiamata e dalla sua novella: d. lgs. 101/20, con buona pace degli ormai ordinariamente celebrati temi di multidisciplinarietà e confronto, «parte integrante del processo di crescita professionale» solo a collaudate chiacchiere, in quanto risulti invece, proprio «prendendo spunto dalla nostra realtà quotidiana», che a tenere strettamente un secolare coltello dalla parte del manico siano ben altri soggetti, di certo non i presunti latori di una professione sanitaria che certamente «ha tanto da dire», ma che da sempre è portatrice di un impressionante bavaglio istituzionale multifunzioni: se vuoi lavorare, se vuoi fare carriera,  o semplicemente se vuoi stare fuori dai guai devi stare soltanto zitto. 

Moltissimi stanno zitti.

Argomenti questi che pure si inseriscono nel qui trattato fenomeno [3] del demansionamento in ambito sanitario, però anche causato da una oscura, subdola commistione legislativo-sociologica di un paese ancora di fatto profondamente ancorato al fenomeno di dominanza medica, talvolta detestabile per via di certi inossidabili atteggiamenti di ostinata autoritaria saccenteria di stampo militaresco-imperialista ancora perpetuati anche nelle giovani generazioni di medici, anche se poi, secondo quanto riportato su altra testata [4], in una infatuazione tanto latente quanto ingannevole nella sua illogicità, quasi un italiano su due crede che la radioterapia venga fatta da tecnici e non da medici, ovvero, per estensione, si insista a richiedere agli stessi professionisti informazioni e delucidazioni più cliniche che tecniche … ove forse per entrambi i casi la lettura è la stessa: in Italia gli unici professionisti di quel prototipo di “area radiologica”, con cui si relazionano gli utenti sanitari sono i radiographers … nessun altro!

Niente di più paradossale per dei professionisti che per legge, da soli, non saprebbero nemmeno certificare la congruità tra quesito clinico e prestazione richiesta; pure molti rappresentanti istituzionali da anni continuano a sbracciarsi reclamando «interventi mirati che valorizzino le competenze di tutti i Professionisti Sanitari» [5]; il fatto è che ancora non si sa quali siano tali interventi mirati, le loro natura, utilizzo, effettività etc. … in pratica si brancola ancora nel buio di una incerta propaganda.

Pertanto: NON sono tolte «alcune limitazioni legate a vecchie concezioni del passato», NON sussiste alcun «superamento di quello che divide», è tangibilmente evidente che l’atteggiamento NON sia affatto cambiato e non vi può essere alcun rispetto della «reciproca autonomia professionale» … giacché, caso unico tra i non medici, per i TSRM NON C’È – non so più come ripeterlo ancora – ALCUNA AUTONOMIA PROFESSIONALE … altro che vaniloquiate «competenze specialistiche».

Non si può non annoverare nell’analisi delle sognanti indifferenze anche gli interventi sulla radiomica, nuove tecnologie ed intelligenza artificiale (questa sconosciuta) anche di interpreti di sempre cangianti, nuove ed inedite qualifiche, che sembrano trasportati insieme a molti altri da un irrefrenabile entusiasmo che una volta porti da una parte e un’altra volta tutt’altrove, vagabondando forse senza meta verso sempre nuovi sensazionalismi di mera vacua réclame, resi come una delle tante “mode d’obbligo”, che – già i primi sentori si stanno riscuotendo con i vari complicati divieti di uso del cellulare nelle scuole Americane ed Italiane, ed in sanità con la creazione delle anni fa impensabili “radiologie da incubo” , figlie legittime proprio di quelle nuove tecnologie che stanno di fatto contribuendo alla massiccia banalizzazione ed abbassamento di qualità delle prestazioni erogate ed alla definitiva scomparsa della presenza del medico dalla diagnostica per immagini, [6] – purtroppo non porteranno tutto ciò che si favoleggi, perché l’uomo di oggi sta giocando molto incautamente con questa nuova domesticazione di un “fuoco intellettuale” che, assai diversamente da quanto occorso tra 1,4 e 2,3 milioni di anni or sono, forse porterà NON ad un punto di svolta nell’evoluzione culturale, ma ad un punto di non ritorno verso situazioni che ancora non comprendiamo, che non riusciamo nemmeno ad immaginare e che forse … non ci piaceranno affatto.

Servizio di Calogero Spada, TSRM

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[1] https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=123053

[2] https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=123012

[3 https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=123231

[4] https://www.sanitainformazione.it/salute/radioterapia-falsi-miti-pesano-sulla-percezione-degli-italiani/#:~:text=Quasi%201%20italiano%20su%202,altamente%20specializzato%E2%80%9D%2C%20sottolinea%20Krengli

[5] https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=123149

[6] https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=122755

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