Infermiera con belonefobia vince il ricorso: la CRA costretta a riassumerla.
Una vicenda delicata e inusuale si è conclusa con una vittoria per un’infermiera di una Casa di Riposo per Anziani (CRA) di Toscana, licenziata dopo essere stata dichiarata inabile al lavoro a causa della sua belonefobia, ovvero la paura patologica di aghi e oggetti taglienti.
La professionista sanitaria, come emerso nel corso del procedimento legale, soffriva da tempo di questa specifica fobia, che le impediva di utilizzare in sicurezza aghi e strumenti affilati durante le normali mansioni lavorative. La situazione era precipitata un giorno in cui, trovandosi ad affrontare un’emergenza e dovendo reperire un accesso venoso su un paziente, l’infermiera era svenuta alla vista dell’agocannula.
A seguito dell’episodio, la CRA aveva provveduto dapprima alla sua sospensione e successivamente, dopo il parere del medico competente che la dichiarava inabile al lavoro da infermiera, al licenziamento.
La lavoratrice, convinta che la sua condizione fosse trattabile, ha deciso di intraprendere un’azione legale, presentando ricorso al Tribunale del Lavoro di Foggia. Nel corso del processo, ha portato come prova la sua determinazione nel superare la fobia, essendosi sottoposta a un intenso e continuativo percorso terapeutico con uno psicologo specializzato in belonefobia.
Le sedute psicologiche hanno dato risultati significativi, portando a un sensibile miglioramento della condizione dell’infermiera. Questo progresso, documentato e presentato in tribunale, ha giocato un ruolo cruciale nella decisione del giudice.
Il Tribunale del Lavoro, accogliendo il ricorso dell’infermiera, ha riconosciuto la belonefobia come una patologia curabile e ha sottolineato l’importanza di valutare la possibilità di recupero e reinserimento lavorativo, soprattutto in professioni sanitarie dove la formazione e l’esperienza acquisita rappresentano un valore significativo.
La sentenza ha quindi imposto alla Casa di Riposo per Anziani di Foggia di riassumere l’infermiera nella sua precedente posizione lavorativa. La decisione rappresenta un importante precedente, sottolineando come le patologie, anche quelle apparentemente invalidanti per una specifica professione, possano essere affrontate e superate con un adeguato supporto terapeutico e la giusta considerazione da parte del datore di lavoro.
La vicenda pone l’accento sull’importanza della medicina del lavoro nel valutare attentamente le condizioni di salute dei dipendenti e sulle possibilità di recupero e reinserimento, evitando licenziamenti che potrebbero essere evitati attraverso percorsi di cura e supporto. Per l’infermiera, questa sentenza rappresenta una vittoria non solo personale e professionale, ma anche un riconoscimento della sua tenacia e del diritto al lavoro nonostante una condizione medica superabile.
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