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Infermieri di Famiglia e di Comunità: troppe zone grigie, freno per nuovo ruolo assistenziale.

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La figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità (IFeC) rappresenta uno dei pilastri del nuovo modello di assistenza sanitaria territoriale, delineato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dal DM 77/2022.

Tuttavia, nonostante il ruolo centrale che questa figura è chiamata a ricoprire, emergono criticità significative che rendono difficile l’implementazione pratica del modello. La mancanza di chiarezza su competenze, responsabilità e formazione adeguata sta portando molti professionisti a rifiutare questo incarico, come avvenuto in diverse zone dell’Emilia-Romagna, tra cui Ferrara, Rimini e Forlì.

La pandemia da Covid-19 ha evidenziato l’urgenza di rafforzare la rete sanitaria territoriale, spostando il focus dalla centralità ospedaliera all’assistenza di prossimità. In questo contesto, l’Infermiere di Famiglia e di Comunità è stato descritto come la figura di riferimento territoriale per l’assistenza infermieristica. Il suo compito non si limita a fornire prestazioni sanitarie, ma include anche attività di prevenzione, educazione e continuità assistenziale, in stretta collaborazione con pediatri e medici di medicina generale, i veri “cardini” del percorso di cura del paziente.Tra le sue funzioni principali troviamo:

  • Agire come punto di riferimento unico per i pazienti;
  • Monitorare la salute della comunità e prevenire complicanze;
  • Utilizzare tecnologie di cura per raggiungere anche le aree più isolate, come quelle montane o scarsamente popolate, contribuendo a ridurre le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari.

Nonostante il potenziale di questa figura, l’implementazione pratica del ruolo solleva molteplici problematiche che rischiano di comprometterne l’efficacia.

Uno dei principali problemi segnalati riguarda la mancanza di una definizione chiara e omogenea delle competenze e delle responsabilità dell’IFeC. Attualmente, ogni regione (e talvolta ogni azienda sanitaria) sembra adottare modelli organizzativi differenti, portando a sovrapposizioni di ruoli e a “zone grigie” difficili da gestire. Questo crea confusione sia per gli infermieri che per i pazienti, oltre a limitare l’efficacia del nuovo modello assistenziale.Secondo quanto denunciato dal Consigliere Mastacchi di Rete Civica, in Emilia-Romagna si assiste a una situazione frammentata, con differenze significative nell’implementazione del ruolo da Piacenza a Rimini. Gli Infermieri di Famiglia e di Comunità si trovano spesso in un “labirinto organizzativo”, senza percorsi chiari, modelli formativi omogenei o un’effettiva integrazione con i medici di base.

Un altro elemento critico riguarda la formazione degli IFeC. Per svolgere efficacemente il proprio ruolo, questi professionisti devono acquisire competenze specifiche che vanno oltre quelle tradizionali dell’infermiere. Tuttavia, la carenza di programmi formativi strutturati e di aggiornamenti professionali limita la capacità degli infermieri di adattarsi alle nuove responsabilità.Inoltre, le aziende sanitarie devono rivedere i modelli organizzativi, superando un approccio basato sulle singole prestazioni per favorire un’assistenza più orientata alla prevenzione e alla gestione delle cronicità. Questo richiede un investimento significativo in termini di risorse e supporto professionale.

Il Consigliere Mastacchi ha sollevato queste problematiche con un’interrogazione alla Giunta Regionale, sottolineando la necessità di un intervento urgente per garantire:

  1. Una definizione chiara e omogenea delle competenze e responsabilità degli IFeC a livello regionale;
  2. Un supporto formativo adeguato per preparare gli infermieri al nuovo ruolo;
  3. Un’integrazione efficace e strutturata con i Medici di Medicina Generale, indispensabile per il successo del modello assistenziale territoriale.

Senza queste azioni, il rischio è quello di una frustrazione crescente tra il personale infermieristico, che potrebbe portare a una rinuncia diffusa al ruolo, compromettendo l’efficacia del nuovo modello assistenziale.

L’Infermiere di Famiglia e di Comunità è una figura chiave per il futuro del sistema sanitario italiano, ma la sua implementazione pratica richiede un impegno concreto da parte delle istituzioni. L’assenza di chiarezza su competenze, responsabilità e formazione adeguata rischia di trasformare un’opportunità in un fallimento, con gravi conseguenze per la salute pubblica.La pandemia ha già dimostrato quanto sia importante rafforzare l’assistenza territoriale, ma senza un intervento deciso, il modello delineato dal PNRR e dal DM 77/2022 rischia di rimanere solo sulla carta. Il successo degli Infermieri di Famiglia e di Comunità dipende dalla capacità di superare le attuali “zone grigie” e di garantire a questi professionisti il supporto che meritano.

E tu cosa ne pensi del ruolo degli IFeC? Condividi la tua opinione nei commenti e facci sapere se ritieni che il sistema sanitario italiano stia andando nella giusta direzione!

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