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Come può un OSS superare il mare?

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Caro Direttore di AssoCareNews.it,

potrebbe sembrare l’inizio di una barzelletta, ma la domanda nasconde una verità più profonda. Se parliamo di mare come metafora delle difficoltà quotidiane, allora la risposta è semplice: con la stessa resilienza che già dimostra ogni giorno nel suo lavoro.

Remando con competenza.

Un OSS sa che per attraversare qualsiasi “mare” – che sia una giornata storta, un paziente difficile o una situazione complessa – serve tecnica, pazienza e forza.

  • Le competenze sono la sua barca.
  • L’empatia è la vela che lo guida.
  • Il lavoro di squadra è il vento che lo spinge avanti.

Navigando a vista (ma con una rotta).

A volte il mare è agitato: turni estenuanti, scarse risorse, pazienti aggressivi (come purtroppo accaduto a Pisa). Ma un OSS non si perde d’animo:

  • Sa adattarsi, perché in ospedale o a casa del paziente, ogni giorno è diverso.
  • Tiene la rotta, perché anche nei momenti più difficili, il suo obiettivo è chiaro: prendersi cura dell’altro.

Senza aver paura delle onde.

Le onde sono le sfide emotive del mestiere:

  • La frustrazione quando un paziente non migliora.
  • La rabbia quando subisce ingiustizie (come aggressioni o mancanza di riconoscimento).
  • La stanchezza fisica e mentale.

Ma un OSS non annega, perché: sa chiedere aiuto (come l’infermiera di Pisa che ha denunciato); trova sostegno nei colleghi (perché nessuno rema da solo); ricorda perché ha scelto questo lavoroper fare la differenza, anche nelle piccole cose.

Arrivando dall’altra parte.

Alla fine, superare il mare significa resistere, nonostante tutto. E quando un OSS ci riesce?

  • Non ha bisogno di una medaglia (anche se un po’ più di riconoscimento non guasterebbe).
  • Gli basta un “grazie” sincero, un sorriso, o la consapevolezza di aver fatto la cosa giusta.

Quindi, come fa un OSS a superare il mare? Remando ogni giorno, con coraggio e umanità. Perché il suo lavoro non è solo un mestiere, ma una vocazione – e il mare, alla fine, lo attraversa per portare qualcuno all’altra riva.

(E se invece la domanda fosse stata letterale? Beh, anche in quel caso la risposta è sì: basta una barca! Ma di certo un OSS, abituato a gestire emergenze, saprebbe anche organizzare un salvataggio in mare. Fantasia? No, solo un altro giorno di lavoro).

Elisa Martelli, OSS

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