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Morte assistita: è ancora un approccio terapeutico valido? Qual è il ruolo dell’Infermiere in questo ambito?

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I progressi della scienza e della medicina hanno migliorato significativamente la qualità della vita delle persone, anche per chi è affetto da malattie gravi. Tuttavia, ci sono casi in cui i pazienti non hanno possibilità di vivere una vita dignitosa o di sopravvivere una volta fuori dalla terapia intensiva. In queste situazioni, i trattamenti diventano spesso inutili e inefficaci, lasciando i pazienti e le loro famiglie in uno stato di sofferenza senza via d’uscita.

È in questo contesto che uno studio pubblicato su Online Library suggerisce di considerare la morte assistita come un’opzione terapeutica valida, unico mezzo per dare sollievo ai pazienti quando non c’è più nulla da fare.

Morte assistita vs eutanasia: qual è la differenza?

Nonostante la morte assistita sia ancora un tema tabù, sta diventando sempre più oggetto di discussione tra esperti e professionisti sanitari. Ma di cosa si tratta esattamente?

  • Eutanasia: pratica illegale in Italia, in cui un medico o un operatore sanitario somministra al paziente un farmaco letale.
  • Morte assistita: pratica legale, in cui è il paziente stesso a somministrarsi il farmaco letale, prescritto e assistito da un medico durante tutto il processo.

Entrambe le procedure richiedono una richiesta esplicita del paziente, che deve essere capace di intendere e di volere e rispondere ai requisiti previsti dalla legge.

L’etica della morte assistita.

La morte assistita è un tema complesso e delicato, che solleva importanti questioni etiche. I principi alla base del dibattito sono principalmente due:

  1. Autonomia del paziente: il diritto di prendere decisioni autonome sulla propria vita, inclusa la possibilità di rifiutare trattamenti salvavita.
  2. Giustizia: garantire che ogni persona abbia accesso equo e imparziale a questa opzione, senza discriminazioni.

Tuttavia, per molti medici, la morte assistita contrasta con i principi del Giuramento di Ippocrate, che impone di agire sempre per il bene del paziente e di astenersi dal recare danno. Il Giuramento recita: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio”.

Nonostante queste resistenze, sono sempre più i pazienti che desiderano ricorrere alla morte assistita, sperando che venga riconosciuta come un metodo valido per adempiere al dovere di fare gli interessi dei malati.

Il ruolo degli infermieri.

Gli infermieri svolgono un ruolo cruciale nel contesto della morte assistita. Una volta compresa l’etica e l’importanza di questa procedura, possono fornire ai pazienti non solo assistenza, ma anche le informazioni necessarie per prendere decisioni consapevoli.

Tuttavia, secondo lo studio, gli infermieri potrebbero vivere l’assistenza di fine vita come un compito estremamente faticoso dal punto di vista emotivo. È quindi essenziale parlarne apertamente e garantire che i professionisti sanitari siano adeguatamente preparati ad affrontare questa sfida.

Opzione terapeuta che va discussa e considerata attentamente.

La morte assistita rappresenta un’opzione terapeutica che, sebbene controversa, merita di essere discussa e considerata con serietà. Riconoscerla come parte dell’ampio ventaglio di cure disponibili potrebbe offrire sollievo a quei pazienti per i quali non esistono più trattamenti efficaci.

Tuttavia, è fondamentale affrontare il tema con sensibilità, garantendo che i principi etici e le esigenze dei pazienti siano sempre al centro del dibattito. Solo così potremo costruire un sistema sanitario che rispetti la dignità e l’autonomia di ogni individuo, anche nelle situazioni più difficili.

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