L’assistente infermiere risolverà la carenza di infermieri? Un’analisi della nuova figura professionale.
La carenza di infermieri nel sistema sanitario italiano è un problema strutturale che dura da anni, con ripercussioni significative sulla qualità dell’assistenza ai pazienti e sul carico di lavoro del personale già in servizio. Per far fronte a questa emergenza, a ottobre 2023 la Conferenza Stato-regioni ha introdotto una nuova figura professionale: l’assistente infermiere. Questa figura, ancora non operativa, è già al centro di un acceso dibattito tra chi la vede come una soluzione necessaria e chi la considera un palliativo rischioso. Ma sarà davvero in grado di risolvere il problema?
La nascita dell’assistente infermiere: obiettivi e critiche.
L’assistente infermiere è stato pensato come una figura di supporto agli infermieri, con il compito di svolgere alcune mansioni meno complesse che oggi ricadono esclusivamente su questi ultimi. L’obiettivo dichiarato è ridurre il carico di lavoro degli infermieri e, al contempo, tamponare la carenza di personale. Tuttavia, la sua introduzione non è stata accolta con entusiasmo da tutti.
Alcuni sindacati e associazioni di categoria, come Nursing Up, hanno espresso forti riserve, sostenendo che questa riforma rischia di compromettere la qualità dell’assistenza sanitaria. La preoccupazione principale è che l’assistente infermiere, pur essendo meno specializzato, possa essere utilizzato per sostituire gli infermieri in mansioni che richiedono competenze specifiche, con possibili ripercussioni sulla sicurezza dei pazienti.
Inoltre, non sono ancora chiare le responsabilità giuridiche della nuova figura. La legge Gelli, che garantisce tutele assicurative al personale sanitario, non è stata ancora estesa agli assistenti infermieri, lasciando un vuoto normativo che potrebbe esporre questi lavoratori a rischi significativi.
Un avanzamento di carriera per gli OSS?
La riforma prevede che gli operatori sociosanitari (OSS) possano diventare assistenti infermieri dopo due anni di servizio e 500 ore di formazione. Questo passaggio è stato presentato come un’opportunità di avanzamento di carriera per gli OSS, che potrebbero così accedere a mansioni più specializzate.
Tuttavia, non tutti sono convinti che si tratti di un reale miglioramento. Secondo la Federazione nazionale delle professioni sanitarie e sociosanitarie (MIGEP), gli OSS rischiano di diventare dei “tuttofare”, svolgendo sia le mansioni tradizionali che quelle nuove senza una riduzione del carico di lavoro. Inoltre, la formazione di 500 ore è stata giudicata da molti insufficiente per garantire le competenze necessarie.
Le critiche alla riforma: approssimazione e rischi.
Uno dei principali punti di critica riguarda il modo in cui la riforma è stata concepita. Molti osservatori ritengono che l’introduzione dell’assistente infermiere sia stata troppo affrettata e priva di un piano chiaro per garantirne l’efficacia. Ad esempio, non è ancora stato definito lo stipendio di base della nuova figura, né sono stati stanziati fondi specifici per la sua formazione e integrazione nel sistema sanitario.
Inoltre, c’è il timore che la riforma non risolva il problema alla radice: la carenza di infermieri. Secondo MIGEP, infatti, il sistema sanitario soffre anche di una mancanza di OSS, e non è chiaro se l’introduzione degli assistenti infermieri sarà accompagnata da nuove assunzioni per coprire i posti lasciati vacanti dagli OSS promossi.
I sostenitori della riforma: una soluzione necessaria.
Nonostante le critiche, c’è chi vede nell’assistente infermiere una soluzione pragmatica a un problema urgente. La Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (FNOPI), ad esempio, sostiene che la nuova figura sia necessaria per ridistribuire il carico di lavoro e garantire un’assistenza più efficiente. Secondo FNOPI, l’assistente infermiere dovrà svolgere solo mansioni semplici, senza sostituire gli infermieri in compiti che richiedono competenze specializzate.
Inoltre, i sostenitori della riforma sottolineano che l’assistente infermiere potrebbe formalizzare una situazione già esistente. A causa della carenza di personale, infatti, molti OSS sono già costretti a svolgere mansioni che spetterebbero agli infermieri. La nuova figura potrebbe quindi portare maggiore chiarezza e organizzazione.
Conclusioni: una riforma con potenzialità, ma ancora troppi dubbi.
L’introduzione dell’assistente infermiere rappresenta un tentativo di rispondere a una crisi che affligge il sistema sanitario italiano da anni. Tuttavia, la riforma solleva numerosi interrogativi sulla sua efficacia e sulle sue implicazioni.
Per funzionare, l’assistente infermiere avrà bisogno di una formazione adeguata, di tutele giuridiche chiare e di un piano di integrazione ben strutturato nel sistema sanitario. Inoltre, sarà cruciale garantire che questa nuova figura non diventi un pretesto per risparmiare sull’assunzione di infermieri e OSS, ma sia invece un vero supporto per migliorare l’assistenza ai pazienti.
La strada è ancora lunga, e molto dipenderà da come il governo e le regioni decideranno di attuare la riforma. Nel frattempo, il dibattito resta aperto, con una domanda centrale: l’assistente infermiere sarà una soluzione efficace o solo un altro cerotto su una ferita che richiede cure più profonde?
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