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Maria, OSS: “Basta con questo lavoro, mi dimetto, torno a fare la badante”.

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Maria Cricovic, 52 anni, operatrice socio-sanitaria (OSS) di origini moldave, ma residente in Italia da oltre vent’anni, ha deciso di lasciare il suo posto a tempo indeterminato presso l’ASL per tornare a fare la badante. Il motivo? Uno stipendio troppo basso rispetto alla fatica e alle responsabilità del suo lavoro.

“Mi offrono in famiglia 2800 euro al mese netti contro i 1400 che percepisco come OSS. Non si può vivere con questa miseria” racconta Maria, spiegando la sua scelta drastica. “Facendo la badante ho meno vita privata, ma non mi interessa, preferisco vivere e non rimanere senza soldi a fine mese.”

Una professione fondamentale, ma sottopagata.

La vicenda di Maria non è un caso isolato. Gli OSS rappresentano una figura essenziale all’interno del sistema sanitario italiano, assistendo quotidianamente anziani, malati e disabili. Tuttavia, molti lamentano stipendi bassi, turni massacranti e un impiego che spesso va oltre le loro competenze.

“Ci credevo nel lavoro da OSS, ma in Italia siamo sottopagati e ci sfruttano, facendoci fare spesso anche il lavoro degli infermieri” continua Maria, evidenziando una problematica diffusa nel settore: la carenza di personale sanitario spesso si traduce in un sovraccarico di mansioni per chi è in prima linea.

Un problema strutturale del sistema sanitario.

La questione degli stipendi bassi nel settore socio-sanitario non è nuova. Molti OSS, pur avendo una qualifica professionale, guadagnano poco più di un lavoratore senza specializzazione. Di fronte a questa realtà, sempre più operatori sanitari scelgono di lasciare il settore pubblico per trovare impieghi meglio retribuiti nel privato o come assistenti domiciliari.

Il caso di Maria Cricovic è emblematico: tra la sicurezza di un contratto a tempo indeterminato e la possibilità di guadagnare quasi il doppio come badante, la scelta è stata inevitabile.

Quale futuro per gli OSS in Italia?

La fuga di operatori sanitari verso lavori più remunerativi pone una domanda cruciale: come si può garantire un servizio di assistenza di qualità se il personale è sottopagato e demotivato?

Per molti, la soluzione è un adeguamento salariale e il riconoscimento delle competenze reali degli OSS, che spesso si trovano a svolgere mansioni di responsabilità senza una retribuzione adeguata. Senza interventi concreti, storie come quella di Maria rischiano di diventare la norma, mettendo a rischio l’intero sistema di assistenza sanitaria in Italia.

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