Infermiere di Medicina Generale: chi è e di cosa si occupa.
Non varcate quella porta.
Infermieri di Medicina Generale: questi sconosciuti. Molti vedono l’Unità Operativa di Medicina come un reparto “insignificante” e quasi un “parcheggio” per i pazienti. Tuttavia, una volta entrati, si scopre una realtà molto più complessa e organizzata di quanto si possa immaginare. Ogni giorno ci occupiamo di pazienti che richiedono cure clinico-assistenziali estremamente articolate e diversificate.
Le patologie maggiormente affrontate riguardano l’apparato:
- Respiratorio: insufficienza respiratoria acuta, Bpco, Embolia Polmonare, Focolaio, Sepsi;
- Cardiocircolatorio: Scompenso cardiaco, insufficienza cardiaca congestizia, Sindrome Coronarica acuta, Fibrillazione Atriale;
- Urinario: insufficienza renale acuta e cronica, pazienti dializzati.
E non è tutto: nel reparto si trattano pazienti con stomie (incluse le cure necessarie e le possibili complicanze), varie forme di sepsi (urinarie, da impianto venoso centrale, ecc.), tumori, ictus e diverse altre patologie.
L’infermiere in questo ambito deve essere in grado di prestare un’assistenza di qualità elevata, valutare gli esiti delle cure ed esercitare un ruolo di leader finalizzato al miglioramento dell’assistenza.
Le competenze dell’infermiere di Medicina Generale.
- Di base: fondamenta su cui costruire lo sviluppo personale e professionale, uguali per tutti i profili; costituiscono il prerequisito per l’ingresso nel mondo del lavoro;
- trasversali: legate all’immagine di sé, individuano le capacità di agire proprie di un individuo consapevole che, di fronte a situazioni fuori dalla sua portata, mobiliterà le energie necessarie all’elaborazione del problema;
- tecnico professionali: caratteristiche di ogni figura professionale, definiscono le aree di attività in cui un professionista si identifica come esperto.
E poi dovrà:
- Effettuare un accertamento sistematico e di secondo livello utilizzando strumenti di valutazione specifici, al fine di rilevare e monitorare i problemi clinici, emotivi e sociali della persona;
- Sostenere le scelte di pianificazione ed assistenziali anche con evidenze scientifiche e linee guida;
- Implementare e coordinare percorsi clinico-assistenziali di pazienti con scompenso cardiaco, embolia polmonare, infarto miocardico non Q, insufficienza respiratoria acuta;
- Identificare i deficit e le abilità della persona e/o dei caregiver per pianificare interventi di educazione, preparazione alla dimissione, alla fase riabilitativa e ad affrontare i cambiamenti negli stili di vita legati alla malattia cronico degenerativa;
- Dibattere sull’utilità dei piani di assistenza standard e sulle strategie di personalizzazione;
- Saper analizzare le differenze tra i piani di assistenza e i percorsi assistenziali;
- Dibattere l’impatto di una buona assistenza sugli esiti dei pazienti nursing sensibili;
- Approfondire la gestione sicura delle terapie, in particolare le interazioni tra farmaci, il monitoraggio, le terapie infusionali, cardiovascolari, anti-coagulanti, insuliniche;
- Sviluppare strategie di sostegno ai pazienti e familiari nella fase di comunicazione di diagnosi e prognosi gravi;
- Approfondire la gestione del dolore e dei sintomi del paziente terminale, l’approccio di palliazione e l’accompagnamento infermieristico del paziente grave e dei suoi familiari;
- Individuare modelli organizzativi basati sulla presa in carico della persona e della famiglia garantendo la continuità delle cure e l’educazione terapeutica, in particolare nelle dimissioni difficili;
- Acquisire competenze di supervisione e consulenza verso il personale di supporto e gli studenti per garantire la sicurezza dei pazienti e la crescita professionale;
- Gestione dell’emergenza mettendo in atto il Basic Life Support Defibrillation.
Ciò che viene richiesto all’infermiere è sì, quindi, una preparazione clinica estremamente forte ma anche e sopratutto una capacità di problem solving e di resistenza veramente spiccata. Come mai resistenza? Per prima cosa, gli imput esterni che arrivano all’infermiere che è in reparto sono milioni e quei milioni di imput aumentano la probabilità di errore. Ogni interruzione aumenta almeno del 50% la probabilità di errore. Affannati e sommersi dalle sostanziose terapie, facciamo liste mentali di priorità assistenziali, cercando di assistere tutti con dignità e professionalità. Le consegne, purtroppo, diventano liste di cose fatte e non fatte, si parla poco del processo diagnostico, si parla molto poco di come effettivamente sta il paziente. Diventiamo meri esecutori e mai protagonisti di un’assistenza che dovrebbe portare in primis la nostra firma.
Ma perchè accade questo?
Una delle prime cause è la mancanza di personale. Assumere significa spendere del denaro che le Ausl faticano ad avere o, come nella maggior parte dei casi accade, investono in altro. E poi, L’infermiere non ha ancora la sua identità all’interno della società, veniamo visti come dispensatori di terapia e di pannoloni, non viene ancora riconosciuta la nostra figura professionale. La maggior parte delle persone non sanno cosa studiamo nei nostri tre anni, né quanto sia difficile il conseguimento della nostra laurea. Non sanno tutte le competenze che ci vengono richieste, non sanno che i nostri occhi guardano a 360° i loro familiari.
Ne consegue che qualsiasi considerazione delle problematiche della professione infermieristica oggi non può quindi non partire da una presa di coscienza di una professione spezzata, in un orizzonte sanitario attraversato da logiche di mercato e priorità politiche, compatibilità aziendali e tagli di fondi pubblici ad ogni livello. In tutto ciò il primo obiettivo è ricostruire una identità perduta, forse negata, segmentata.
Proteggiamola questa nostra identità. Proteggiamo la nostra professione.
Dott.ssa Micaele Cuttitta, Infermiera
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